Il Leonka traffica per riprendersi l'ex cartiera Cabassi. È battaglia legale

Scritto il 16/12/2025
da Marta Bravi

Il centro sociale punta sul vincolo ai graffiti. La proprietà fa ricorso al Tar sulla tutela

È battaglia legale tra l'associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo e la società L'Orologio spa, di proprietà della famiglia Cabassi. Così, al di là del fatto che l'associazione abbia presentato la manifestazione di interesse per il capannone industriale di proprietò comunale di via San Dionigi, l'intenzione esplicita è quella di rientrare nell'ex cartiera di via Watteau. I leoncavallini si basano su due elementi fondamentali: il vincolo ope legis sui graffiti di «Dauntaun» e il vincolo in fieri sull'archivio Fausto&Iaio.

L'archivio «è costituito da 150 milioni di documenti di varia natura, cui si aggiungono circa 200 rotoli di manifesti e circa 100 striscioni di tessuto e carta con estremi cronologici che vanno dal 1975 ai giorni nostri» scrive il Ministero, e «testimonia l'attività politica, sociale e culturale del Leoncavallo». Il materiale archivistico e librario rappresenta «una fonte storica di primaria importanza per la ricostruzione delle dinamiche politiche e sociali del territorio milanese»

Per quanto riguarda il vincolo sui graffiti, la Soprintendenza dei beni culturali nel documento del 9 maggio 2023 (numero 0006005-P) certifica che «i dipinti murali conservati nei seminterrati risultano sottoposti a tutela ope legis ai sensi del combinato disposto degli articoli 11 e 50 del D.Lgs. 42/2004 Codice dei beni culturali e del Paesaggio. Non solo non possono essere deturpati

o danneggiati, ma nemmeno staccati, e per estensione distrutti, senza l'autorizzazione della Soprintendenza. È sanzionato penalmente chiunque proceda al distacco degli affreschi , stemmi graffiti, iscrizioni ed altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista». La Soprintendenza ovviamente è disponibile a valutare caso per caso l'eventuale autorizzazione al distacco.

Differentemente da quello che molti hanno asserito per 50 anni evidentemente - il ragionamento interno - il Leoncavallo si può fregiare anche di una produzione culturale ufficialmente riconosciuta.

Ma la società L'Orologio di proprietà della famiglia Cabassi ha fatto ricorso al Tar proprio sulle modalità di applicazione della tutela prevista sui murales e ora aspetta che il Tribunale amministrativo si esprima. Detto ciò l'auspicio della proprietà sarebbe quella di chiudere la faccenda una volta per tutte, non vendendo l'ex cartiera, ma cercando di capire come poter tirare dritto per la propria strada, senza però poter disporre dei seminterrato che potrebbe anche rimanere chiuso con i suoi graffiti edificando fuori terra. Non è un mistero per nessuno, però, il blocco dell'urbanistica e di tutti gli uffici e permessi, così come il Pgt che non verrà aggiornato fino alla prossima legislatura, ma intanto si attendono i tempi della giustizia amministrativa.

Nel frattempo gli autonomi stanno studiando quella

che secondo loro potrebbe essere la «terza via» per rientrare in via Watteau, forti appunto dei vincoli. Il modello è la legislazione dei beni comuni e per esempio l'esperienza del Mietshäuser Syndikat 1992 di Berlino, «esperimento sull'accettazione politica di progetti abitativi auto-organizzati». La premessa del ragionamento degli autonomi: i graffiti non possono essere considerati di proprietà dei Cabassi ma bene comune, quindi intangibili, e da sottoporre a un regime «improprietario». A maggior ragione se gli artisti continuano a rivendicare, come hanno fatto finora, il diritto gratuito di fruire di quelle opere.

Così il centro sociale stesso: quello che vorrebbero fare gli autonomi e che rientra sotto il concetto di «improprietà» è dichiarare il Leoncavallo bene comune, di proprietà, cioè, di chiunque lo usi. Con buona pace della proprietà privata. Sono alla ricerca di una «terza via» appunto, ovvero una gestione che veda la Fondazione del Leoncavallo o una società, proprietaria al 51% con un comitato di garanti, ovvero un gruppo di imprenditori illuminati che sembra, secondo altre fonti, stia portando avanti un'interlocuzione con i Cabassi. Una sorta di Modello Milano rovesciato con una collaborazione pubblico privato in salsa collettiva.