Al termine del 2025, l’Italia si trova ancora a fare i conti con un tema tanto antico quanto attuale: l’aumento delle disuguaglianze sociali. Una contraddizione che, come ha sottolineato Elisabetta Polentini, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Roma, «resta sconfortante, nonostante secoli di progresso, ma è necessario continuare ad affrontarla con lucidità».
Polentini ha ricordato come la nostra Costituzione assegni allo Stato un ruolo attivo nel rimuovere gli ostacoli economici e sociali, garantendo diritti e redistribuzione delle risorse. La crescita, secondo la professionista, non può essere un obiettivo isolato, ma deve tradursi in sviluppo sostenibile e duraturo, capace di includere e non di accentuare i divari. Le disuguaglianze persistono per un insieme di cause strutturali – divari territoriali, mercato del lavoro frammentato, squilibri generazionali e rigidità normative – che richiedono politiche pubbliche orientate a un’economia più circolare, moderna e inclusiva, senza perdere di vista la stabilità dei conti pubblici e la necessità di programmare strategie di lungo periodo.
Il dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, si è concluso con l’intervento di Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili, che ha richiamato il modello spagnolo come esempio di trasformazione politica ed economica. «La Spagna di Sánchez – ha affermato – rappresenta un vero miracolo politico ed economico. Ha saputo resistere alle pressioni internazionali sull’aumento delle spese militari, tutelare i diritti civili e sfidare fiscalmente i giganti del digitale».
Longoni ha evidenziato inoltre la gestione dei flussi migratori regolari, l’investimento massiccio sulle energie rinnovabili e la forte accelerazione sulla transizione energetica, che ha portato Madrid a incrementare rapidamente la propria produzione interna e a rafforzare la sua autonomia strategica. Elementi che, nel loro complesso, hanno consentito alla Spagna di presentarsi come una alternativa credibile alle rigidità della “vecchia Europa”.
Il parallelismo con l’Italia è inevitabile: il nostro Paese cresce, anche se a ritmi modesti. Ma – ha osservato Longoni – il nodo principale resta la distribuzione della ricchezza. Il divario tra fasce agiate, ceto medio e gruppi più vulnerabili continua ad ampliarsi, alimentando tensioni sociali e frenando la mobilità economica. «Se la ricchezza non viene redistribuita equamente, il progresso resta incompleto. Servono interventi sociali urgenti per invertire questa tendenza».
Il messaggio finale è chiaro: la crescita economica deve essere accompagnata da politiche strutturali capaci di produrre inclusione, stabilità e nuove opportunità. Solo così l’Italia potrà affrontare con equilibrio le sfide del prossimo decennio.

