Tutte le sfumature su Kiev

Scritto il 16/12/2025
da Augusto Minzolini

Sostegno "multidimensionale" all'Ucraina. Un'espressione che è una via mezzo tra un geroglifico e qualche diavoleria escogitata in film di fantascienza come "Incontri ravvicinati del terzo tipo" o Star Trek che sarà contenuta nella mozione della maggioranza di governo per il prossimo consiglio europeo. In realtà si tratta di un espediente lessicale per non usare il termine militare e accontentare la Lega che si appresta ad ingoiare entro il 31 dicembre il decreto necessario per fornire armi a Kiev anche il prossimo anno. "Certo che si farà - scommette Matteo Perego, braccio destro del ministro Crosetto - non si può mica mandare all'aria il lavoro svolto finora. Non possiamo perdere la faccia".

Appunto, dal "multidimensionale" alle due dimensioni, quella internazionale e quella casalinga. La prima è concentrata sui negoziati per porre fine alla guerra che sono giunti al momento cruciale. Sergio Mattarella sfoggia una retorica inusualmente netta, categorica, decisa come se avesse avocato a sé le responsabilità che il Paese deve assumersi in questi frangenti drammatici. La Premier, invece, spera ancora di non essere costretta a scegliere sull'uso degli asset russi per finanziare l'Ucraina tra la posizione franco-tedesca, i dubbi del Belgio e il sovranismo di Orban: la motivazione addotta è il rischio delle ritorsioni del Cremlino. O ancora tenta di evitare di schierarsi sui termini della pace tra la filosofia europea e quella americana. Punta tutto su un compromesso finale che rimetta insieme i cocci dell'Occidente.

La dimensione interna, invece, è più confusa, meno seria, in alcuni casi paradossale. In Parlamento sia la maggioranza, sia l'opposizione si ispirano ad un vocabolario ancora più oscuro del vecchio politichese, quello che era stato inventato a bella posta per dire tutto e niente, in modo da lasciare a tutti la possibilità di avvalersi di interpretazioni di comodo. Con una differenza nella maggioranza le posizioni sono chiare, definite, a sentire certi acuti di Salvini fin troppo, ma solo a parole: viene offerta un'ampia gamma di sensibilità sul tema dai filo-Kiev radicali, agli europeisti convinti, ai pacifisti di maniera, ai filo-russi appena camuffati. Una rappresentanza plurale per raccogliere tutta la domanda che proviene dal Paese condensata - basta leggere le bozze della mozione - in quella che un tempo era definita una "supercazzola". Quello che conta è che alla fine sarà il governo a decidere sull'asse Palazzo Chigi-Farnesina e i paroloni della vigilia si trasformeranno in una propensione al compromesso: qualcuno si accontenterà di sostituire la parola "militare" con un concetto esoterico che magicamente evoca le armi senza usare quell'espressione. Insomma, il governo decide, qualcuno perderà la faccia ma non sarà la coalizione. Nell'opposizione, invece, mentre grillini e sinistra radicale si avvolgono nelle bandiere del pacifismo senza "se" e senza "ma" e non mostrano inibizioni, il Pd che sulla carta dovrebbe essere il perno dell'alleanza è rinunciatario. All'insegna del "testardamente unitario" non osa: le manifestazioni per l'Ucraina finiscono su un binario morto, mentre qualsiasi tema che tiri in ballo il riarmo viene esorcizzato, rimosso. La strada peggiore perché per tenere quieta un'alleanza che non avendo responsabilità di governo potrebbe tenere insieme le posizioni più diverse, ne riduce la capacità di rappresentanza delle diverse istanze che provengono dal Paese. Non sono il Pd, i grillini o Avs a perdere la faccia, ma è il "campo largo" a perdere appeal.