Cerno a Radio Anch'io lancia l'allarme: "L’islamismo radicale si infiltra fra sicurezza e giudici, noi litighiamo e il fanatismo gode"

Scritto il 16/12/2025
da Redazione web

"Non ci sono l'Imam di Torino e gli altri, c'è un complesso sistema di azione che vede figure differenti. E il fatto di mantenere queste immagini vivide dentro alle comunità fa parte di una strategia" ha detto il direttore de il Giornale

"Alcune figure religiose che in Italia operano all'interno di comunità, di luoghi di culto, utilizzano il loro ruolo dentro la comunità islamica italiana per mandare messaggi che poi si manifestano e questo le indagini lo dimostrano. C'è un tema generale molto delicato, difficile chiudere in una in un'opinione o in un punto di vista netto, tra quello che è il reato che qualcuno può compiere istigando alla violenza e quello che è un fenomeno che sotto la superficie del nostro Paese, dietro la parola integrazione, dietro la parola libertà si sta formando e che è un sistema che ha nella propaganda islamista uno dei suoi capisaldi". Lo ha detto il direttore de il Giornale, Tommaso Cerno, intervenendo a Radio Anch'io e parlando del caso del momento, quello dell'imam di Torino Mohamed Shahin, tornato libero dopo la decisione della Corte d'Appello.

"Fratelli Musulmani, la fratellanza, sta operando in Italia: esistono almeno un centinaio di combattenti in questo Paese che sono identificati, ma che sono liberi proprio per queste ragioni, perché la nostra democrazia, giustamente e fortunatamente, non impedisce a qualcuno di muoversi liberamente fino a quando non compie reati su cui viene giudicato. Ma questa area grigia deve stare sotto l'attenzione perché vediamo in Europa fenomeni di questo tipo che cominciano a essere denunciati dalle stesse comunità religiose islamiche che ne sono state vittime. L'Imam di Francia è sotto scorta da anni perché i gruppi più fanatici e radicali di quella stessa religione operano in chiave politica e non religiosa e hanno manifestato, attraverso pensieri simili a quelli dell'Imam di Torino, l'inizio di un percorso che poi è diventato radicalizzazione a rischio jihadista. Quindi è un tema complesso", ha aggiunto Cerno.

"Oggi in Italia il rischio di radicalismo è molto forte. E io che ogni giorno ricevo da parte di queste comunità diversi tipi di intimidazione e diversi tipi di pressione giudiziaria, so benissimo chi c'è vicino a questi imam e quanto questa rete sia un tutt'uno. Non ci sono l'Imam di Torino e gli altri, c'è un complesso sistema di azione che vede figure differenti. E il fatto di mantenere queste immagini vivide dentro alle comunità fa anche parte di una strategia".

"La magistratura a volte impedisce l'espulsione per ragioni differenti da quelle che dichiara. Esiste in Italia tutta una serie di indagini per cui espulsioni che sarebbero già avvenute sono fermate proprio dall'attenzione che il Viminale ha per le indagini in corso. Espellere una persona coinvolta in un'indagine di cui noi non conosciamo nulla, significa anche perdere l'indagine", ha sottolineato Cerno. "La magistratura, quindi, a volte agisce apparentemente contro il Ministero dell'Interno non perché hanno visioni diverse sul ruolo di un personaggio ma proprio per tutelare le indagini che ha in corso. Quindi il tema è la sicurezza finale di noi cittadini: come è garantita? Da indagini eterne o che a volte possono sembrare frettolose, ma non lo sono, perché in Italia arrivare a un'espulsione significa avere dietro una struttura indagatoria enorme che non viene raccontata, che non viene divulgata, che non diventa pubblica. E questo noi dobbiamo saperlo, perché in Italia ci sono centinaia di persone che hanno coinvolgimenti maggiori di quelli che noi sappiamo con il mondo del terrorismo jihadista. L’islamismo radicale si infiltra fra sicurezza e giudici, noi litighiamo e il fanatismo gode", ha aggiunto il direttore de il Giornale. Che ha posto l'attenzione anche sulla riforma della magistratura: "Qualcosa su cui il Paese è chiamato a un responso. Io sostengo il sì per ragioni che non c'entrano nulla con gli imam e la radicalizzazione, ma con il fatto che ritengo che in questo Paese ormai lo show della magistratura si svolga al momento dell'accusa. L'impalcatura accusatoria è diventata talmente gigantesca rispetto alla sentenza, al dibattimento, da non creare quel senso di equilibrio, di parità che pretende la riforma Vassalli che nulla ha a che vedere con l'islamismo, con l'Islam, col multiculturalismo, con l'integrazione, con le sue strutture. Quindi, credo che sia sbagliato animare questo tipo di dibattito".

"La descrizione che è stata fatta di Shahin ha diverse sfaccettature, possiamo portare documentazione differente sull'adesione al suo pensiero di persone che sono invece dentro indagini che le legano ad Hamas e, soprattutto, al lato più forte di quella che è l'area che opera in Europa e che è vicina ai nuclei terroristici. Noi abbiamo molto spesso profili che si presentano in un modo e che poi agitano in luoghi persone che hanno tutt'altra natura, così come sappiamo con certezza che la struttura legale intorno alle comunità islamiste non è assolutamente casuale. Loro hanno da molto tempo la capacità di interpretare le nostre leggi e di trovare dei varchi che spesso sfuggono anche ai nostri giuristi", ha aggiunto il direttore. Concludendo: "Oggi esiste un conflitto tra la pubblica sicurezza e la prevenzione che il Ministero dell'Interno mette in atto e che ha fatto sì che in questo Paese ancora non sia successo nulla di paragonabile a ciò che è avvenuto, per esempio, in Australia o in altri luoghi. Un legittimo iper garantismo che, guarda caso, scompare nella sinistra che appoggia e che applaude a queste figure dando loro un ruolo che io onestamente non vedo quando si tratta di parlare della giustizia degli altri. Quindi, sono sempre molto scettico quando sento che il prete della parrocchia o la chiesa valdese accarezza il pensiero dell'Imam perché il ruolo dei religiosi dentro l'islamizzazione europea non è quello di agire in prima persona, ma quello di animare attraverso pensiero e radicalizzazione altri. E questo avviene dappertutto ogni giorno. Questo è un tema su cui il magistrato non può intervenire perché in questo Paese, essendoci uno stato di diritto, tu valuti quel singolo fatto e quel singolo avvenimento".